giovedì 19 gennaio 2017

I Domenicani e l’Armenia

https://laterradihayk.com/2017/01/16/i-domenicani-e-larmenia/

I Domenicani e l’Armenia

Il primo frate domenicano ad entrare in Armenia fu un frate inglese, William Freney. Nel 1263, Papa Urbano IV diede ordine al Patriarca Latino di Antiochia, Opizo di Fieschi, di consacrare William ad un arcidiocesi orientale. La scelta cadde sull’arcidiocesi di Edessa, di cui il frate domenicano divenne il primo arcivescovo latino (durante il periodo 1266-1290).
Nel 1264, Urbano inviò tramite William un’ambasciata al re della Piccola Armenia Aitone I, secondo marito della regina Zabel, e la sua missione fu un successo. Vennero quindi ristabilite ottime relazioni diplomatiche tra il Papato e l’Armenia, e il re Aitone addirittura promise di costruire un monastero domenicano in terra di Cilicia, probabilmente influenzato dalle ottime capacità diplomatiche di Freney, che conosceva numerose lingue. La richiesta di costruzione di un nuovo monastero, in effetti, pervenne al Capitolo Generale dell’Ordine Domenicano nel 1266, ma senza ulteriore seguito.
Nel 1273 Papa Gregorio X invitò i Cattolici Armeni al Secondo Concilio di Lione per tentare di unificare le chiese orientali alla chiesa di Roma, ma anche questo tentativo fallì.
Nel 1278 Freney era presente in Inghilterra, infatti risulta tra i presenti alla consacrazione della cattedrale di Norwich. Visse almeno fino al 1286, e probabilmente venne sepolto nel convento domenicano di Rhuddlan, in quanto era conservata una pietra tombale dedicata all’Arcivescovo nei muri dell’edificio. Attualmente, la pietra si trova nella vicina chiesa di Santa Maria, e riporta la scritta:
…PVR LALME FRERE WILLIAM FRENEY ERCHEVESKE DE RAGES
che può essere tradotta come “Prega per l’anima del fratello William de Freney, Arcivescovo di Rages”, dove per Rages si intendeva Edessa (l’odierna Urfa, in Turchia).
Dopo Freney altri domenicani divennero Arcivescovi, ma si concentrano soprattutto nel terzo decennio del XIV secolo. La missione armena divenne una delle più floride del tempo.
In Cilicia, nel XIV secolo, si ricominciò a parlare di riunificazione della Chiesa Armena con la Chiesa Cattolica. Il fondatore del movimento di riunificazione fu l’Abate Giovanni del monastero di San Basilio di Qrnai (o Kerni). Nel 1329 contattò il Vescovo latino più vicino per esprimergli il desiderio di imparare la dottrina cattolica. Questi fu un frate, Bartolomeo il Piccolo da Bologna, detto Parvo, che era Vescovo di Maragha (nei pressi del lago Urmia) e Arcivescovo del Nakhichevan. Dopo aver studiato il latino per un anno, Giovanni tornò nella sua città a Qrnai portando con sé Bartolomeo. Organizzò subito alcuni incontri con gli ecclesiastici della regione cilicia, cercando di convincerli della bontà della dottrina cattolica. Come risultato, molti monaci si convertirono al Cattolicesimo, ed entrarono nel nuovo gruppo. In alcuni casi, anche interi monasteri si convertirono. Alla fine degli incontri, Giovanni si convinse della necessità di riunire la Chiesa Armena con la Chiesa Cattolica Romana. Purtroppo, Giovanni non riuscì a far entrare l’intero gruppo nei Domenicani, essendo presenti anche alcuni monaci dell’Ordine dei Basiliani. Non potendo condividere entrambe le regole, fondò un nuovo ordine sulla base della Regola Domenicana, sotto la guida di Bartolomeo, che però morì poco dopo (1332). I monaci armeni studiarono il latino, mentre i frati studiarono l’armeno. In breve tempo, l’intera Costituzione Domenicana venne tradotta in armeno, e nel 1337 venne tradotto anche il messale ed il breviario.
Siccome una delle principali sfide da affrontare era la riconciliazione della chiesa scismatica con la Chiesa di Roma, nel 1347 venne tradotta una parte della Summa Theologiae di San Tommaso. La teologia del Dottore Angelico venne usata soprattutto per controbattere questioni riguardanti il Battismo e gli Ordini Sacri.
Non soddisfatto solamente dalla lettura della dottrina, l’Abate Giovanni trascorse un periodo nel sud della Francia per studiare lo spirito che San Domenico lasciò in eredità al suo Ordine. Tornato in Asia Minore con maggiori motivazioni, Giovanni tentò di “Domenicanizzare” il proprio monastero e tutti quelli che volevano seguirlo nell’opera di riunificazione. Istituì, quindi, una congregazione centralizzata di Domenicani Terziarii, denominati Frati Unitori. Il nome esprimeva appieno la missione evangelica della congregazione, e cioè unire le chiese orientali con la Chiesa Cattolica grazie alla predicazione, all’insegnamento e alla scrittura. Il loro abito seguiva lo stile domenicano, cioè bianco con scapolare nero. La nuova congregazione era in tutto e per tutto di derivazione domenicana, anche a livello gerarchico e di Regola.
Nel 1356, Papa Innocenzo VI diede ufficialmente l’approvazione alla nuova congregazione. Inizialmente venne nominato come autorità responsabile del nuovo gruppo un vicario di un altro Ordine Domenicano del Vicino Oriente, i Frati Peregrinanti. Nel XIV secolo, però, crebbe il malcontento a causa di alcuni abusi di potere del vicario generale, risolto grazie all’intervento di Papa Bonifacio IX. Nel 1510, finalmente, i Frati Unitori ebbero il diritto di nominare autonomamente il proprio vicario, e nel 1582 tutti i problemi terminarono inserendo gli Armeni Terziarii e la provincia di Nakhichevan nel Primo Ordine.
Tradizione vuole che nel primo anno la Congregazione contava già 700 frati e 50 monasteri, divisi in 5 Diocesi: Magagha, Nakhichevan, Maku, Georgia e Caffa. Ma il numero si ridusse già dopo il 1381, a causa dell’opposizione di alcuni frati scismatici. I principali conventi di Qrnay (Kerni), Abaraner, Choscascen, Sahaban e Nakhichevan durarono fino a quando la ferocia dei Maomettani raggiunse il suo apice nella metà del XVIII secolo. Invece, la Crimea perse l’influenza Domenicana terminò nel 1475, dopo che i Turchi lasciarono la regione in rovina.
Essendo gli Armeni un popolo a forte vocazione commerciale, i Frati Armeni non rimasero solo nei territori dell’Asia Minore, ma anche in Europa. I loro conventi si trovavano in tutte le grandi città portuali italiane che commerciavano con l’Est. In una Bolla del 1398, Papa Bonifacio IX menziona i Frati Armeni che vivono a Pisa e menziona molte altre comunità armene in Italia.
La storia dei Frati Unitori è di difficile tracciatura, ma uno dei conventi più rappresentativi è sicuramente il convento di Aparan, nella Diocesi di Nakhichevan.
Inizialmente, questo convento fu occupato dagli Armeni Terziarii alla fine del XIV secolo. All’inizio del XV secolo circa 12 confratelli vivevano nel convento. Uno di questi era l’Arcivescovo di Sultania, nel 1425. Un altro era diventato Maestro della Sacra Teologia nel 1431.
Nel 1545 Papa Paolo III ricevette il vescovo-eletto del Nakhichevan con i suoi compagni, che portavano abiti tipici di quella regione e lunghe barbe. Il Papa fu talmente impressionato da questi Domenicani da esclamare:”Scorgo i Magi venuti da Oriente!”. Nel 1560 Nicholas Friton, l’ultimo tra i Frati Unitori, divenne capo della Sede di Nakhichevan. Fu colui che riportò tantissime informazioni a Roma circa le violenze perpetrate dai Maomettani a quel tempo. Il suo successore, che non era un Frate Unitore, riportò che a quel tempo il convento ospitava 65 confratelli. Nel 1575 il convento di Aparan mandò a Roma un delegato per i festeggiamenti dell’Anno Santo. Fu l’ultima menzione documentata circa i Frati Unitori.
Durante il periodo di appartenenza del convento di Aparan ai Frati Unitori, questo diventò il più frequentato centro di ristoro, riposo o semplice passaggio dei missionari europei, dei semplici viaggiatori, ma anche degli ambasciatori nella corte Persiana.
In accordo con le prescrizioni dei Capitoli Generali, i più promettenti giovani studenti nel convento venivano mandati a studiare in Europa. Molti Domenicani Armeni sono noti per aver studiato teologia e filosofia ad Aparan, specialmente in Italia.
Il XVIII secolo vide un continuo diminuire del numero dei frati. L’ultimo abate noto rimase in carica fino al 1724. Le guerre civili e i Persiani costrinsero gli ultimi cristiani rimasti nella provincia a trasferirsi verso il mare. Al Capitolo Generale dei Domenicani, nel 1748, Papa Benedetto XIV scriveva:”I conventi [degli armeni] sono stati tutti dati alle fiamme; molti frati sono stati uccisi dai Maomettani, ridotto alla fame o dispersi”, cercando così aiuto per salvare la provincia armena, ma nulla si poté fare. Gli ultimi sopravvissuti, circa 19 frati, si rifugiarono a Smirne nel 1764. La fiamma ardente della vita domenicana in Armenia si spense piano piano, finché l’ultima scintilla, Padre Tovma, si spense in Italia, ad Ancona, come rifugiato.
Sebbene rimasero pochissime tracce domenicane in Armenia, sono stati ritrovati alcuni segni del rito in uso in quel tempo nell’insediamento Armeno in Transilvania, nel XVIII secolo. Archdale A. King scrisse che in quell’insediamento le chiese erano addobbate internamente in stile Latino, gli abiti erano anch’essi in stile Latino e, soprattutto, il messale era scritto in Armeno antico, e corrispondeva a quello pubblicato in Armenia nel 1728 dai Frati Unitori.

Nessun commento:

Posta un commento